La Storia

Presentazione

La Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica, nasce l’11 dicembre 1982 a Bologna presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli, per iniziativa di E. Ascani, T. Busanelli, F. Cigala, A. Dal Monte, N. De Sanctis, G. Fontanesi, E. Ippolito, L. Lenzi, E. Manes, G. Maranzana, S. Mastragostino, M. Ravaglia, L. Rubbini, R. Ruffoni, S. Turra, L. Valdiserri, F. Vigliani. Si configura come associazione senza fini di lucro con l’intento di diffondere l’approfondimento culturale e la ricerca scientifica nel campo dell’Ortopedia Infantile.

Favorisce scambi di idee e di esperienze tra specialisti italiani e stranieri interessati a questo campo, anche attraverso l’attivita’ di Gruppi di studio sorti all’interno della Societa’, (in Neuroortopedia, sulla Fissazione Esterna, Osteopatologia Infantile, sull’Ecografia dell’Anca, sul Movimento umano, sulla Traumatologia sportiva in eta’ evolutiva e l’Istiocitosi a cellule di Langerhans). Tali Gruppi nel corso degli anni hanno lavorato intensamente, organizzando riunioni e corsi di aggiornamento di notevole interesse;

Cura l’organizzazione di un Congresso Nazionale per l’approfondimento di argomenti di particolare interesse, la cui presidenza e organizzazione sono affidate ogni due anni al Vice Presidente in carica.

Stimola l’attivita’ di ricerca clinica e sperimentale mediante scambi fra istituzioni italiane e straniere, coinvolgendo anche i piu’ giovani;

Grazie all’opera del Prof. N. De Sanctis, ha potenziato, i contatti con le Societa’ straniere come: European Pediatric Orthopaedic Society (EPOS),
International Federation of Pediatric Orthopaedic Society (IFPOS) e la Pediatric Orthopaedic Society of Noth America (POSNA).

Cenni storici sulla ortopedia pediatrica in Italia

di Alessandro Dal Monte

Nella seconda metà del XIX secolo vengono aperte le prime Istituzioni ortopediche dedicate solo ai bambini. Nel 1881 apre a Milano l'”Istituto Ortopedico per Bambini Rachitici” annesso alla Scuola-asilo per Bambini Rachitici, fondata nel 1875 dal filantropo dott. Gaetano Pini.
Dopo Milano, sorgono istituti simili in altre città italiane con le stesse finalità umanitarie per l’interessamento d’Opere Pie o cittadini facoltosi. A Genova apre l’Istituto Ortopedico “Genovese” per opera dell’Associazione Cristoforo Colombo e poi a Bergamo, Cremona, Verona e a Torino. Peraltro a Torino era già attivo, dal 1887, un reparto di chirurgia e ortopedia infantile nell’Ospedale dei Bambini “Regina Margherita”. A Napoli dal 1900 funziona l’Istituto “Lina Raschieri” per la cura delle deformità rachitiche e da poliomielite.
In tutti questi istituti venivano corrette, con i metodi ortopedico-chirurgici più avanzati, le gravi deformità scheletriche conseguenti al rachitismo della prima infanzia. A quel tempo la malattia rachitica era molto diffusa fra i bambini delle classi povere. I bambini che sopravvivevano alla malattia presentavano delle gravi ed invalidanti deformità degli arti e del tronco. Le casistiche dell’epoca riportano con maggior frequenza casi di ginocchia vare, scoliosi vertebrale. Tuttavia, non mancano pazienti trattati per cifosi vertebrale da morbo di Pott; per deformità congenite come: la lussazione delle anche, i piedi torti ed il torcicollo d’origine muscolare.
Il trattamento era per lo più conservativo per arrestare il peggioramento delle deformità e se era possibile correggerle. Nelle gravi deformità degli arti inferiori si eseguiva, in narcosi eterea, la correzione prima di applicare gli apparecchi ortopedici. Il raddrizzamento ‘forzato’ delle deformità si eseguiva manualmente o con l’aiuto di particolari apparecchi, detti “osteoclasti”.
La correzione chirurgica ‘aperta’ mediante “osteotomia” e/o “tenomiotomie” non era frequente. I chirurghi ortopedici preferivano metodi di correzione chiusi in quanto quelli aperti erano molto spesso la causa di temibili complicazioni settiche osteo-articolari.
Nei primi decenni del XX secolo si verifica una evoluzione organizzativa ed assistenziale per molti di questi centri, per la cura dei bambini rachitici. L’assistenza è estesa anche agli adulti. Un’impostazione di questo tipo era già stata annunciata, nel 1896, con l’apertura dell’Istituto Ortopedico “Rizzoli” in Bologna. L’Istituto, infatti, curava sia bambini che adulti anche se, nei primi decenni, la presenza dei primi è maggiore rispetto ai secondi.
L'”Istituto per Bambini Rachitici” di Milano diventa, fra il 1901 e il 1912, un Istituto di Ortopedia generale. In seguito sarà chiamato “Istituto Ortopedico Gaetano Pini”. La stessa trasformazione avviene per i centri di Torino, Bergamo, Genova. Questa estensione delle cure ortopediche-chirurgiche dall’infanzia all’età adulta attrae molti valenti chirurghi interessati a questa nuova branca della chirurgia generale.
Dall’inizio e per tutta la prima metà del ventesimo secolo, la letteratura ortopedica è ricca di contributi sui maggiori problemi dell’infanzia. Al trattamento delle patologie già segnalate, infatti, si aggiunge quello delle gravi deformità poliomielitiche. La terapia della lussazione congenita dell’anca, del piede torto congenito, della scoliosi vertebrale, della poliomielite e della paralisi spastica dell’infanzia sono gli argomenti di maggior interesse. La cura del piede torto congenito, con l’intervento di Codivilla (1903) si semplifica, ottenendo correzioni mai raggiunte prima. I concetti informatori del suo metodo sono tuttora validi, per quanto possono essere cambiati i tempi ed i modi d’attuazione.
Per la cura della lussazione congenita dell’anca si continua ad attuare la riduzione chiusa ed immobilizzazione in apparecchio gessato secondo il metodo proposto da Paci nel 1894 e divulgato da Lorenz. La riduzione della lussazione, secondo tale metodo da noi detto alla “Paci-Lorenz”, non dava risultati soddisfacenti al controllo dopo anni. I risultati, tuttavia, non erano migliori, quando si ricorreva alla riduzione cruenta. In questa situazione Vittorio Putti (1926) fa sua una felice intuizione di Codivilla, di cui era stato allievo, sollecitando e rendendo operativa la diagnosi e la cura precoce della lussazione congenita prima dell’inizio della deambulazione. Egli elenca i segni obbiettivi ed i dati radiografici che stanno alla base di una diagnosi precoce e suggerisce, per il trattamento di questi casi, l’uso di un apparecchio divaricatore. Putti, inoltre, pubblica nel 1935 un fondamentale atlante di “Anatomia della Lussazione Congenita dell’Anca”. Il “segno dello scatto (cick sign)” di Ortolani (1936) evidenziabile nelle anche instabili-lussabili dei neonati anticipa ulteriormente l’età della diagnosi e del trattamento, con ulteriori positivi riflessi sui risultati a distanza di tempo. Questo “segno dello scatto” costituirà per molti anni, per pediatri ed ortopedici, il sintomo fondamentale per far diagnosi certa d’anca displasica nei neonati.
Attorno agli anni trenta si ebbero dei progressi significativi nella tecnica della riduzione cruenta per i contributi di Putti e Scaglietti. Successivamente, l’introduzione da parte di Campanacci (1966) della riduzione “atraumatica”, secondo Sommerville, elevò ulteriormente la percentuale dei risultati positivi del trattamento dopo il primo anno di vita.
Per la scoliosi vertebrale, la scuola di Milano diretta dal Galeazzi introdusse, per il trattamento, l’uso degli apparecchi gessati al posto dei tutori ortopedici fin dal 1913. Negli anni cinquanta il trattamento delle gravi scoliosi cambiò.
Scaglietti indicò la via chirurgica per bloccare la deformità nel periodo della sua massima evoluzione. Successivamente, Savini dell’Istituto Rizzoli allargherà l’impiego della chirurgia nel trattamento delle forme atipiche della scoliosi vertebrale. Il trattamento conservativo della scoliosi con il busto di Milwakee sarà introdotto negli anni sessanta. Fra i maggiori promotori Mastragostino dell’Istituto “Gaslini” di Genova e Perricone, dell’Istituto Rizzoli di Bologna.
Per il trattamento delle deformità od instabilità degli arti inferiori da poliomielite Codivilla fin dal 1899 sollecitava l’utilizzo dei trapianti tendinei e negli anni successivi ne precisava le indicazioni e la tecnica chirurgica. Le ‘artrodesi’ per la correzione e stabilizzazione delle deformità, da polio, troverà in Marino Zuco, della Clinica Ortopedica di Roma, un sostenitore convinto. Il trattato di Zanoli (1961) sulla chirurgia ortopedica della poliomielite diventerà, per la vasta esperienza dell’autore, un testo basilare, di facile consultazione, per quanti praticano la chirurgia ortopedica sui pazienti in età infantile.
La seconda metà del XX secolo rappresenta il periodo in cui 1’Ortopedia Pediatrica raggiunge 1’autonomia gestionale ed operativa in molti ospedali e cliniche ortopediche. Tutto questo sarà l’inizio di una “nuova età” della ortopedia pediatrica in Italia. Peraltro questa evoluzione aveva mosso i primi passi nel 1936. In quell’anno la sezione di Ortopedia e Traumatologia Infantile dell’Ospedale per Bambini “Salesi” di Ancona, venne istituzionalizzata a Divisione autonoma nell’ambito del Dipartimento di chirurgia pediatrica.
Questa nuova impostazione della specialità combinata con i forti progressi delle biotecnologie porta ad un maggior interesse su malattie in precedenza ignorate come l’artrogriposi, la malattia di Perthes, la paralisi spastica infantile, le osteocondrodistrofie, le dismetrie degli arti, le osteo-artriti settiche dei neonati a cui si aggiungono le problematiche della traumatologia dell’età dell’accrescimento.
A partire dagli anni ottanta i cultori dell’Ortopedia Pediatrica rafforzano la loro identità specialistica riunendosi in un’associazione, promuovendo incontri, corsi d’aggiornamento e costituendo gruppi di studio. Nel 1983 è fondata la Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica (S.I.T.O.P.). Nel 1985 si svolge il I° Congresso Nazionale della Società e nello stesso anno compare il primo numero della Rivista Italiana di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica. Nel 1989 l’Università di Napoli assegna alla I Facoltà di Medicina e Chirurgia la Cattedra di Ortopedia Infantile.
Nel 1996 esce il primo trattato della specialità, curatore Nando De Santis e una monografia in due volumi sulle “Sindromi dismorfiche e Malattie Costituzionali dello Scheletro” di Canepa-Maroteaux-Pietrogrande.
Questa è la storia per sommi capi della “Ortopedia Pediatrica” in Italia, dalle sue origini ai giorni nostri. In questa breve esposizione ci siamo soffermati più sul passato che sul presente in quanto quest’ultimo periodo è noto alla maggior parte dei lettori.

La SITOP intende con questa iniziativa ricordare il contributo, in termini di autorevolezza scientifica, di rigore etico e di promozione
nella divulgazione della Ortopedia Pediatrica i Colleghi Ortopedici Pediatri. Essi con il loro percorso professionale hanno testimoniato
la dignità di Magister nella nostra disciplina.
La storia della Ortopedia Pediatrica ci fornisce spunti di riflessione che ci aiutano a comprendere la realtà attuale e a slanciarci verso sfide future.

Ricordo del Prof. Stelvio Becchetti

di Antonio Andaloro

È per me un onore essere stato incaricato di commemorare il mio maestro Prof. Stelvio Becchetti che ci ha lasciato prematuramente a settembre del 2021.
Potrei facilmente ricordarlo come uno dei pionieri della moderna terapia delle deformità vertebrali, sia essa incruenta che chirurgica.
Potrei elencare gli studi, le pubblicazioni, le collaborazioni e l’amicizia che lo legavano agli altri rappresentanti di questa nuova via iniziata nel 1974 con la pubblicazione di Renè Perdriolle sulla tridimensionalità della deformazione scoliotica e dalla quale Cotrell e Doubosset presero spunto per la creazione del loro strumentario che aprì la via alla moderna
chirurgia della scoliosi.
Pur essendo un chirurgo vertebrale ha portato avanti studi sulla terapia incruenta della scoliosi incentrati sul concetto di tridimensionalità prima introducendo in Italia la metodica di Perdriolle nella confezione dei corsetti gessati e poi modificandola con il brevetto del corsetto gessato MMG (Maguelone Modificato Genova) da cui è derivato il corsetto 3D,
brevetti donati all’Istituto Giannina Gaslini, del quale è stato prima Direttore dell’U.O. di Ortopedia e Traumatologia e successivamente, al suo pensionamento, Primario Emerito.
Certamente potrei continuare elencando quanto ha fatto e quello che ha rappresentato per l’Ortopedia Pediatrica nella sua lunga carriera ma sarebbe alla fine un resoconto troppo impersonale per una persona che ha condiviso con lui dieci anni di vita professionale.
Preferisco ricordare i miei primi periodi di apprendistato in Francia, fossero essi in occasione di congressi o di pratica operatoria, al momento delle presentazioni, quando dichiaravo di essere il suo aiuto mi veniva quasi sempre risposto “ Ah Stelviò!!”
In quella esclamazione erano racchiusi l’amicizia, il rispetto e la considerazione per l’uomo che rappresentavo e di questo sono sempre stato orgoglioso.

La pandemia non ha permesso alla famiglia ed a Noi di portargli il conforto che avremmo voluto, vi chiedo quindi di unirvi a me in un ideale abbraccio di commiato.
Grazie Stelvio

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TRAUMATOLOGIA PEDIATRICA

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